Questa storia inizia tanto tempo fa, quando la Serenissima era la perla d’Europa che vedeva transitare nelle sue acque i tesori più pregiati. In quei tempi nacque la Fiera nostrana, quella che, ancora oggi, noi di Noventa aspettiamo con fermento.
All’epoca, era l’unico momento in cui la terra incontrava il mare e potevi comprare per qualche soldo tutto il bene che il bon Dio ti offriva alla fine della bella stagione: fiaschi del vino dei Colli nostrani, cesti di frutta talmente abbondanti che sembravano tesori, erbe per la salute, galline, maiali; e poi, c’era il re indiscusso della festa: il polpo, o folpo come diciamo noialtri.
Pare che sia stata la figlia del panettiere che, con la promessa di un bacio, è riuscita a rubare la ricetta del folpo al cuoco del Dodge, quando l’intera corte veneziana venne a fare vacanza a Villa Grimani. Da quel giorno, nulla fu più come prima: quel folpo era talmente buono che la ricetta diede luce alla prima generazione di folpari; e l’Antica Fiera divenne nel cuore di tutti noi la Fiera del Folpo.
Tuttavia c’era qualcos’altro che la figlia del panettiere era riuscita a rubare, solo che col passar del tempo, sprofondò nell’oblio. Solo pochi anni fa, il suo segreto è stato ritrovato nella vecchia soffitta di famiglia: era la ricetta di un liquore che conteneva in piccole dosi un’ingrediente che all’epoca solo i ricchi veneziani si potevano permettere, la vaniglia. Ce ne andava tanto poco nella ricetta ma capite bene che se il nome della Fiera era dipeso dalla dolcezza di un bacio, il buon liquore che tenete ora tra le mani non sarebbe stato lo stesso senza la vaniglia.
E quel liquore era talmente buono che la storia si ripeté…
È così che oggi, dopo secoli, alla Fiera del Folpo potrai gustarti di nuovo un poco della nostra tradizione con un bel piatto di folpi cucinati come un tempo, e per finire un józo dell’Amaro del Folpo, l’unico ed originale liquore de Noenta.
Sandra Saporito